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Congress Report – Forum Risk Management: Equità di accesso alle cure, il valore e il buon uso dei Farmaci


Car-T

13 Dicembre 2024

L’equità nell’accesso alle cure e l’uso appropriato dei farmaci sono stati i temi al centro della mattinata di lavori, intitolata: “Equità di accesso alle cure: il valore e il buon uso dei farmaci”, nel corso del Forum Risk Management


Consulenza fiscale

Consulenza del lavoro

L’equità nell’accesso alle cure e l’uso appropriato dei farmaci sono stati i temi al centro della mattinata di lavori, intitolata: “Equità di accesso alle cure: il valore e il buon uso dei farmaci”, nel corso del Forum Risk Management. Aprendo la sessione, Fabiola Del Santo, Segreteria della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici (SIFO) della Toscana e Responsabile UOC Farmaceutica Ospedaliera dell’Azienda USL Toscana Sud Est, ha ricordato le “forti disparità nell’accesso alle cure, non solo tra regioni, ma anche tra pazienti che vivono a pochi chilometri di distanza, soprattutto nelle zone di confine”. Pietro Buono, Direttore della Programmazione e Pianificazione Sanitaria della Regione Campania, ha delineato la complessità del finanziamento della sanità pubblica, basato sul Fondo Sanitario Nazionale, integrato da altre risorse: “Un totale di 170 miliardi di euro circa, sostenuti con fatica dal governo”. Le Regioni non sono tutte uguali, ha ricordato. Al Nord, la spesa media per i farmaci è di 1.000 euro pro capite all’anno, mentre al Centro-Sud scende a circa 400 euro. Il sistema di distribuzione dei fondi, spesso basato su un generico concetto di anzianità, tende ad amplificare le disuguaglianze. Buono ha portato l’esempio della Liguria, favorita dai criteri attuali per l’elevata percentuale di anziani, ma senza considerare i dati sulla cronicità. “In Campania, il 30% degli over 65 soffre di malattie croniche, contro il 20% della Liguria”. Per Buono è necessario ripensare il sistema di valutazione, per non compromettere l’equità e il ruolo centrale dei farmaci nella gestione delle cronicità. Il tema dell’uso efficace delle risorse è stato introdotto da Ugo Trama, Dirigente UOD Politica del Farmaco e Dispositivi della Regione Campania e vicepresidente Nazionale SIFO. “Il nostro obiettivo è garantire equità nell’assistenza sanitaria, distribuendo le risorse in modo efficace e gestendo le complessità legate alle patologie rare e oncologiche, che spesso costringono i pazienti a spostarsi in altre regioni”, con costi insostenibili. Trama ha ricordato l’importanza della collaborazione con l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), per fare dei farmaci uno strumento non solo terapeutico, ma anche di valutazione dell’efficacia dei percorsi assistenziali. Digitalizzazione e innovazione possono migliorare la gestione delle cronicità e delle terapie, ha affermato, lavorando con i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA) che integrino le nuove tecnologie. Chiara Sgarbossa, Direttrice dell’Osservatorio Life Science Innovation del Politecnico di Milano ha delineato le prospettive offerte dall’innovazione, come l’intelligenza artificiale, i dati real-world e i decentralized clinical trials. Questi ultimi, già adottati durante la pandemia, permettono di trasferire alcune fasi della sperimentazione clinica dal centro ospedaliero al domicilio del paziente.

L’intelligenza artificiale, ha spiegato, “può ottimizzare i trials clinici, migliorando la progettazione dei protocolli e il reclutamento dei pazienti”. Al tempo stesso, i dati real-world raccolti da fascicoli elettronici o dispositivi wearable offrono una visione continua e dettagliata del paziente, migliorando i processi decisionali. Un altro trend promettente è la medicina in silico, che utilizza modelli computazionali per simulare sperimentazioni, riducendo costi e tempi di sviluppo. “Pur ancora in fase di validazione, questa tecnologia potrebbe trasformare il settore, migliorando sicurezza ed efficienza dei trattamenti”, ha spiegato. Infine, i decentralized clinical trials dimostrano che il futuro della ricerca passa attraverso la digitalizzazione e la telemedicina, ha sottolineato Sgarbossa. Il monitoraggio continuo e personalizzato, consente una maggiore aderenza da parte dei pazienti e una raccolta dati più ampia e dettagliata.

Le nuove tecnologie non solo migliorano l’efficienza, ma aumentano anche la sicurezza dei pazienti, anticipando problematiche e personalizzando sempre di più i trattamenti, ha concluso. Claudio Jommi, Professore di Economia Aziendale all’Università del Piemonte Orientale, nel suo intervento ha sottolineato la necessità di “superare l’approccio a silos” e il sistema dei tetti di spesa, puntando sul valore delle terapie. “In Italia, i tetti di spesa farmaceutica ospedaliera vengono regolarmente sforati, come confermato dai dati AIFA. È un sistema rigido, che non tiene conto dei risparmi generati dai farmaci o delle ricadute organizzative”. Jommi ha ribadito la necessità di attrarre investimenti in Italia e incentivare le imprese a rimanere nel Paese, offrendo un contesto regolatorio stabile.

Il valore di un farmaco

Jommi ha elencato i criteri necessari per definire il valore di un farmaco: “Bisogna considerare non solo il valore terapeutico aggiunto rispetto alle alternative, ma anche l’impatto sull’organizzazione sanitaria, come la semplificazione delle modalità di somministrazione”. Per affrontare il problema della sostenibilità, ha proposto di rendere i tetti di spesa più flessibili o di adottare accordi basati sugli esiti (Managed Entry Agreements, MEA). In particolare, Jommi ha ricordato il valore intrinseco di farmaci per malattie rare o orfane, che talvolta non hanno alternative terapeutiche. Nonostante incentivi come la market exclusivity, spesso non sono sufficienti, per questo andrebbero tenuti conto nel processo negoziale, ha spiegato. A livello regionale e locale, farmaci che semplificano la somministrazione possono liberare risorse ospedaliere, contribuendo a ridurre i tempi di attesa per altri servizi.

Per stabilire un prezzo corretto e valutare la rimborsabilità, esistono due approcci principali a livello internazionale: il primo si basa sul costo-efficacia e il secondo sulla ‘multicriterialità’, come in Italia. In questo caso, il costo- efficacia è solo uno dei parametri, affiancato da altri criteri. Il primo approccio, adottato in paesi come il Regno Unito, è più selettivo ed esclude alcuni farmaci dalla rimborsabilità, mentre in Italia la flessibilità consente l’accesso a più terapie. Jommi ha ricordato che il tema della sostenibilità è strettamente legato al valore, ma “in Italia viene gestito con un approccio basato sui tetti di spesa, che, di fatto, contraddicono il concetto stesso di sostenibilità”. Per Jommi sarebbe auspicabile un sistema che metta il valore al primo posto, superando progressivamente i limiti di spesa rigidi. In alternativa, ha spiegato, il sistema dei tetti dovrebbe essere semplificato e gestito in modo dinamico, adattandosi agli ingressi e alle uscite dei farmaci sul mercato.

Secondo Jommi, i MEA, in particolare quelli basati sugli outcome, possono ridurre le incertezze cliniche e finanziarie. Si tratta di accordi di accesso condizionato al mercato per farmaci innovativi e/o ad alto costo al fine di mettere a disposizione nuovi trattamenti per i pazienti, pur nell’incertezza data dalla mancanza di informazioni su benefici terapeutici o costi effettivi. Questi accordi offrono anche dati utili in real-life per migliorare le decisioni future, ma hanno subito un ridimensionamento negli ultimi anni. Ciò è avvenuto per motivi comprensibili (oneri amministrativi elevati) e altri meno giustificabili, ha affermato Jommi. Ad esempio, in alcuni casi, i risultati real-life dei farmaci si sono rivelati migliori del previsto, oppure gli accordi stessi erano distorti a favore delle aziende, per ridurre il peso del payback. Nonostante queste criticità, Jommi ritiene che i MEA non debbano essere abbandonati, ma piuttosto utilizzati in modo selettivo. Recenti documenti dell’AIFA suggeriscono di reintrodurre accordi basati su outcome. Jommi si è espresso a favore, a patto che vengano integrati con approcci populationbased per una raccolta dati più ampia e una successiva rinegoziazione basata su evidenze. Un altro tema critico, secondo Jommi, riguarda i farmaci con più indicazioni terapeutiche. Due le opzioni possibili: il blended pricing, un prezzo unico rinegoziato per tutte le indicazioni, o l’indication-based pricing, che stabilisce prezzi differenziati in base all’uso specifico del farmaco. “Anche se complesso, il secondo approccio consente una maggiore equità, soprattutto quando le differenze di valore tra indicazioni sono significative”, ha affermato.

Accesso e implementazione a livello locale

Il valore negoziato a livello nazionale deve tradursi in un’effettiva tempestività di accesso a livello locale, ha spiegato il professore. Le principali politiche regionali si concentrano sull’identificazione dei centri autorizzati e sulla definizione dei percorsi terapeutici e dei sistemi di referral da un centro all’altro. Un esempio emblematico riguarda le terapie avanzate. “Alcuni farmaci sono complessi da gestire a livello organizzativo – ha spiegato Jommi – ci sono stati dei casi, soprattutto nel campo delle terapie avanzate, dove non sono state preparate a sufficienza le risorse necessarie per gestire una somministrazione complessa come quella delle CAR-T, questi aspetti dovrebbero essere il più possibile anticipati”. Per Jommi le regioni dovrebbero collaborare strettamente con AIFA per migliorare il coordinamento e l’efficienza.

Inoltre, il professore ha sottolineato l’importanza di attrarre gli investimenti delle imprese sul territorio italiano, ossia, fare in modo che scelgano l’Italia per la propria attività di ricerca e soprattutto per l’attività sperimentale. Investimenti in ricerca clinica in Italia portano vantaggi non solo economici ma anche organizzativi e di aumento delle competenze per i clinici. “Evitano costi, grazie al fatto che un paziente è inserito in un trial clinico – ha spiegato – di conseguenza non viene utilizzato il farmaco alternativo fuori dal trial”. Inoltre, ci sono impatti di tipo non economico: “Il clinico utilizza nel trial in anticipo un farmaco e quindi lo conosce, ha una awareness maggiore e soprattutto si presume maggiore appropriatezza di utilizzo del farmaco”, ha spiegato. Tuttavia, il prezzo del farmaco non deve essere utilizzato come unica leva per incentivare gli investimenti. Al contrario, un contesto regolatorio stabile e prevedibile rappresenta il vero fattore chiave per attrarre le imprese. Jommi ha concluso sottolineando l’importanza di bilanciare accesso, valore e sostenibilità. “Un sistema che funzioni a livello nazionale deve trovare piena applicazione anche a livello locale, garantendo ai pazienti un accesso rapido e uniforme alle terapie innovative”. 

Conto e carta difficile da pignorare

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Lorenzo Mantovani, Direttore del Centro di Ricerca sulla Sanità Pubblica dell’Università di Milano-Bicocca, ha evidenziato l’importanza di dati più rappresentativi per misurare il valore reale dei farmaci. I trial clinici offrono informazioni limitate, ha detto, perché sono condotti su popolazioni ideali, che non riflettono la realtà complessa dei pazienti con comorbilità. Esempi di difficoltà emergono quando si confrontano i dati globali: standard terapeutici variano tra paesi (e.g., utilizzo di medicine tradizionali in Cina). La qualità dei dati è essenziale: il principio “Garbage In, Garbage Out” evidenzia che dati scadenti portano a conclusioni inutili, ha ribadito Mantovani. Con il tempo, sono stati introdotti strumenti come i Post-Authorization Efficacy Studies (PAES) per monitorare la sicurezza e l’efficacia nel mondo reale. Tuttavia, questi richiedono anni per produrre risultati utili. Le analisi di farmaco utilizzazione aiutano a comprendere meglio l’uso effettivo del farmaco e i suoi risultati. Un esempio riguarda i farmaci per la sclerosi multipla: studi recenti mostrano come i pazienti spesso cambino trattamento (switching), ma senza conoscere sempre il motivo clinico di tali scelte. Questo dimostra la complessità del monitoraggio nel mondo reale. Dal 1° gennaio, il Joint Clinical Assessment (JCA) introdurrà un ulteriore livello di valutazione. Oltre a qualità, sicurezza, efficacia assoluta e prezzo, sarà analizzata l’efficacia relativa, ovvero, il confronto diretto tra il farmaco e le alternative disponibili.

Questa valutazione richiederà un’attenta selezione delle variabili di contesto (Population, Intervention, Comparator, Outcome, PICO), che devono riflettere le condizioni reali dei pazienti nel paese in cui il farmaco sarà utilizzato. Mantovani sottolinea la necessità di adattarsi a questa nuova complessità: il valore di un farmaco non si limita alla clinica, ma include aspetti economici, organizzativi (e.g., risorse necessarie per somministrarlo) e finanziari (sostenibilità). Decidere in un mondo complesso richiede compromessi: è meglio una decisione “sufficientemente buona” che una perfetta ma irrealizzabile. Ha concluso citando Bruno De Finetti, pioniere del pensiero bayesiano, che ricorda l’importanza di combinare razionalità e intuizione per affrontare decisioni complesse. Mantovani ha concluso affermando che serve volontà di investire tempo e risorse in analisi che riflettano davvero la complessità del mondo reale.

Francesco Trotta, Dirigente del Settore Health Technology Assessment (HTA) ed Economia del Farmaco dell’AIFA ha fatto il punto sul contesto globale. Secondo il rapporto Iqvia, entro il 2028 i consumi di farmaci cresceranno del 2.3% annuo, raggiungendo quasi 4 trilioni di dosi. In Europa occidentale, la crescita sarà più modesta (+1% annuo), con consumi pro capite comunque elevati rispetto ad altre aree, come il Nord America. L’Italia rientra in questa area di crescita stabile. Immunologia ed endocrinologia cresceranno del +28%, oncologia del +21%. L’Europa orientale e i paesi emergenti, come Cina e India, registreranno incrementi molto più significativi rispetto all’Europa occidentale, sia in termini di consumi sia di spesa. La scadenza dei brevetti porta generalmente a un incremento del 5% dei consumi nell’area di riferimento, ha affermato. Ciò avviene grazie alla riduzione dei costi medi, che consente di trattare più pazienti. I nuovi farmaci tendono a compensare l’uscita di quelli a brevetto scaduto: si prevede che entro il 2028 il risparmio derivante dai farmaci generici (192 miliardi di dollari) sarà bilanciato dai costi dei nuovi farmaci (193 miliardi).

A livello globale la spesa aumenterà tra il 6% e il 9% annuo, con un incremento complessivo di 630 miliardi di dollari dal 2024 al 2028. I farmaci lanciati prima del 2021 (ancora protetti da brevetto) rappresentano il principale driver dell’aumento.

In Europa occidentale la spesa crescerà del 4-7% annuo. In Italia, proiettando una crescita del 7%, la spesa farmaceutica potrebbe passare da 23 miliardi di euro nel 2023 a circa 28-33 miliardi nel 2028, superando il 20% del Fondo Sanitario Nazionale. In oncologia è prevista una crescita del 14-17% nella spesa, con un forte impatto sulle risorse complessive. L’obesità, seppur con bassi livelli di spesa attuali, vedrà un incremento del 25%. Anche il diabete crescerà del 5-8% entro il 2028. Le terapie avanzate (Advanced Therapy Medicinal Products, ATMP), come le terapie geniche, mostrano forti potenzialità di crescita, sebbene con incertezze legate ai costi elevati. Secondo Trotta, l’Italia resta tra i principali mercati farmaceutici mondiali, ma serve una gestione attenta per affrontare le sfide future, garantendo una corretta transizione post-scadenza dei brevetti per evitare ritardi nell’accesso ai farmaci equivalenti o biosimilari. Studi internazionali evidenziano come i prezzi di alcuni farmaci, in particolare oncologici, non sempre siano correlati al valore terapeutico. In contesti come quello americano, la variabile principale è spesso il volume atteso dei consumi. Trotta ha riportato l’esempio di uno studio recente su pazienti oncologici. Dai risultati emerge che per loro è prioritario avere certezze sul beneficio clinico dei farmaci, rispetto a una riduzione dei tempi di approvazione. Questo dato suggerisce la necessità di bilanciare velocità e qualità nella valutazione dei nuovi farmaci, ha concluso Trotta.

Mattia Altini, Presidente della Società Italiana di LeadershipManagement in Medicina (SIMM) e responsabile del Settore Assistenza Ospedaliera della Regione Emilia-Romagna ha lanciato un monito: “Viviamo sopra le nostre possibilità”. Per Altini si continua a discutere del futuro della salute dei cittadini, senza considerare a fondo il contesto attuale. “I dati sono inequivocabili – ha affermato – 400 mila nati a fronte di 600 mila morti all’anno, il 29% della popolazione è composta da over 65, e abbiamo raggiunto un equilibrio tra il numero di pensionati e quello di lavoratori”. Questo scenario, collegato più al sistema pensionistico e al welfare che alle dinamiche del lavoro, rende impossibile ragionare in modo tradizionale. “Le condizioni attuali, proiettate nel medio periodo, sono semplicemente insostenibili”, ha proseguito.

Per Altini non si possono adottare tecnologie avanzate come le ATMP, continuando a trattare allo stesso modo tutto ciò che è in vigore dal 1978 a oggi. “L’innovazione, che già produce risultati straordinari per la salute dei cittadini, non può convivere con un sistema che non ha mai fatto una vera selezione delle priorità. È fondamentale rivedere le aspettative di tutti, definendo risposte precise e sostenibili”. Questo richiede un cambiamento di coscienza collettiva e, soprattutto, un’azione politica decisa, che deve stabilire cosa sia realmente esigibile, ha sottolineato.

ATMP: un panorama complesso e frammentato

Le ATMP includono tecnologie molto diverse e processi produttivi e implicazioni gestionali altrettanto vari. “È indispensabile ‘spacchettarle’, per comprenderne le specificità. Da un punto di vista regionale, la gestione della spesa rappresenta un problema enorme”, ha sottolineato. Per Altini non è possibile affrontare questi costi senza una pianificazione accurata e una cornice nazionale che garantisca coerenza.

Un esempio lampante riguarda le CAR-T. Oggi sono circa 42 i centri autorizzati in Italia, ma con enormi disomogeneità. Tre centri, autorizzati, non hanno effettuato nemmeno un trattamento, secondo i dati. Per Altini, nessuno ha stabilito una soglia ottimale. “Questa mancanza di visione crea vuoti incolmabili e, a distanza di anni, ci ritroviamo ancora a discutere su come intervenire”. La mancanza di un sistema di finanziamento adeguato per le ATMP aggrava il problema. “All’inizio c’erano i fondi per i farmaci innovativi – ha affermato – ma quando questi finiscono, i costi ricadono interamente sui bilanci regionali”. Un altro tema riguarda l’accessibilità: concentrare le ATMP in pochi centri, soprattutto in quelli già attrezzati per il trapianto allogenico, potrebbe limitare la disponibilità per i pazienti. Non tutte le ATMP richiedono infrastrutture così complesse, e sarebbe necessario valutare ogni tecnologia singolarmente per garantire una distribuzione più equa e sostenibile. Citando un esempio: “Un centro regionale come il Sant’Orsola esegue 50 CAR-T all’anno, di cui la metà su pazienti extra-regionali, quindi, è evidente che si tratta di un centro con un ruolo nazionale”, ha sottolineato. Tuttavia, manca un sistema di finanziamento nazionale e l’intero onere economico ricade sulle regioni. “Questo approccio è insostenibile e richiede una revisione urgente”, ha spiegato. Per ottimizzare le risorse e migliorare le performance del Sistema Sanitario, secondo Altini è fondamentale rafforzare la collaborazione tra istituzioni nazionali, regionali e centri di cura. Dati e analisi già disponibili presso organismi come l’AIFA devono essere condivisi, evitando duplicazioni di lavoro e sprechi di risorse.

Secondo Altini, il tempo che i professionisti dedicano a inserire i dati ha un valore intrinseco. “Lavorare insieme significa mettere insieme i dati”, ossia, renderli accessibili alla comunità professionale, per consentire un’analisi che segua l’intero percorso del paziente e delle tecnologie utilizzate. In conclusione, per Altini è necessario superare questa frammentazione e consentire una pianificazione a lungo termine, un quadro nazionale che garantisca equità e sostenibilità e la collaborazione tra le istituzioni. Solo così potremo affrontare le sfide dell’innovazione senza sacrificare l’accesso e la qualità dell’assistenza sanitaria per i cittadini.

Tavola rotonda 

La mattinata si è conclusa con la tavola rotonda, avviata dal Dottor Luca Coletto, Assessore alla Salute della Regione Umbria. La situazione della ricerca e sviluppo in Italia non riguarda solo il settore in sé, ma anche l’impatto sulla produzione e sui siti produttivi, ha affermato. “L’Italia è un’eccellenza sia in termini quantitativi che qualitativi, ma la nostra produzione non è ancora allineata alle nuove tecnologie. Ad esempio, per quanto riguarda le ATMP, tra i primi dieci farmaci orfani commercializzati in Europa, nessuna azienda produttrice ha sede qui. Lo stesso vale per i farmaci biologici: su dieci aziende, solo due sono europee”. Eppure, il mercato farmaceutico italiano è il sesto a livello mondiale e manterrà probabilmente questa posizione nei prossimi anni. Non sfruttare questa opportunità per incentivare la ricerca e sviluppo sarebbe un errore strategico, ha affermato. Per Coletto è necessario introdurre incentivi nella determinazione del prezzo dei farmaci. Oltre alle politiche di investimento, agevolazioni fiscali e sistemi premiali per l’innovazione, è fondamentale garantire certezza nei percorsi regolatori. Le aziende che investono e immettono prodotti sul mercato italiano devono poter contare su un sistema stabile e prevedibile, senza continue modifiche alle regole, ha sottolineato. Riportando l’esempio europeo sui farmaci biologici, ha auspicato misure che prevedono una garanzia minima sul fatturato, favorendo percorsi di accesso precoce, sia per il beneficio terapeutico misurabile sia per il vantaggio competitivo delle aziende. Infine, ha ricordato modelli di successo che integrano il valore pubblico e privato nella definizione del prezzo dei farmaci. In altri paesi, questi sistemi hanno permesso di mantenere la ricerca e sviluppo e la produzione farmaceutica strettamente connesse, ha affermato. Coletto ha concluso con un messaggio: “Dobbiamo associare il prezzo del farmaco alla ricerca e sviluppo, valorizzando questa interdipendenza per rafforzare il sistema Italia”. Sul tema della certezza sul fatturato, le gare di aggiudicazione rappresentano un aspetto cruciale per le aziende sanitarie e ospedaliere. Dal dibattito è emersa l’esigenza di maggiore accuratezza nel definire i fabbisogni. 

L’intervento del dottor Francesco Artanasio, Direttore politiche del farmaco della Regione Toscana, ha ribadito l’importanza dell’innovazione, accompagnata da una governance nazionale chiara che indichi, ad esempio, dove aprire i centri per le CAR-T. “Non può essere una decisione lasciata solo alle regioni, che spesso risentono di logiche politiche locali”, ha affermato. Inoltre, è essenziale razionalizzare il mercato dei farmaci. Ha riportato l’esempio di 13 farmaci per la stessa indicazione terapeutica, con variazioni di prezzo minime. Per Artanasio la contrattazione deve essere più rigida, consentendo l’accesso al mercato solo con un costo del 30% inferiore rispetto ai farmaci già disponibili, al fine di liberare risorse da destinare all’innovazione, come terapie geniche e CAR-T. Infine, ha sottolineato la necessità di accelerare il processo di approvazione per i farmaci off-label: “Devono passare al 648 il giorno successivo, non un anno dopo”, ha concluso.

Adriano Vercellone, Segretario SIFO, si è soffermato sul ruolo del farmacista ospedaliero come ultimo punto di contatto nella filiera che va dall’utilizzo del farmaco alla somministrazione al paziente. “Il nostro ruolo è concentrato principalmente sugli aspetti organizzativi che regolano l’accesso ai farmaci”. Sul tema del nuovo regolamento HTA e della definizione dei criteri PICO, ha spiegato: “Il nostro lavoro include valutazioni fondamentali sulla terapia, sulla sicurezza dei pazienti e anche sulla gestione delle reazioni avverse o della complessità legata ai farmaci stessi. Come farmacisti, siamo in grado di mettere a disposizione dati preziosi non solo per monitorare la somministrazione, ma anche per comprendere come i pazienti percepiscono e reagiscono al trattamento”. Tuttavia, occorre una regia ben definita, ha ribadito. Questo processo, secondo Vercellone, non può essere lasciato all’improvvisazione o a decisioni frammentate su base regionale. È necessario che AIFA assuma un ruolo guida per stabilire metodologie condivise e strumenti utili a queste valutazioni. “Nel contesto della nostra società scientifica, la SIFO, stiamo esplorando il potenziale del ‘farmacista ricercatore’ come figura chiave, perché ci troviamo al centro di una catena che parte dalla clinica e arriva all’uso finale del farmaco”, ha concluso.

L’innovazione è una componente essenziale del settore farmaceutico, ha ribadito nel suo intervento la Dottoressa Lucia Fornai, membro della giunta di Farmindustria. Il nostro Paese si distingue per le aziende che investono in questo ambito, ha ricordato. Ha poi sottolineato l’importanza di promuovere partnership pubblico-privato per massimizzare i risultati, soprattutto considerando le risorse limitate a livello nazionale ed europeo. Questa collaborazione è indispensabile per garantire sostenibilità e benefici per i pazienti, ha affermato. Un esempio concreto è l’incremento delle attività di ricerca e sviluppo. Si assiste a una crescita rapida di nuove tecnologie e principi attivi, con ricadute positive per la salute pubblica. In Italia, “l’85% della spesa in sperimentazione clinica è sostenuta dall’industria – ha sottolineato – contribuendo significativamente a una riduzione della mortalità, ad esempio del 28% per alcuni tumori e del 41% per le patologie croniche”. La trasparenza e la cooperazione sono i pilastri per garantire innovazione e accesso equo alle cure, ha concluso.

Ida Fortino, Direttrice della Struttura del Farmaco, Dispositivi e HTA della Regione Lombardia, ha ricordato che la Regione garantisce l’accesso alle cure a pazienti provenienti anche da altre regioni, nonostante le difficoltà. “Il problema più grande, però, non riguarda solo il farmaco, ma l’accesso alle strutture sanitarie stesse”. Le liste d’attesa rappresentano un nodo cruciale. Secondo Fortino, il farmaco è solo una componente del percorso assistenziale del paziente, che deve essere visto in modo integrato. Inoltre, la sperimentazione clinica è fondamentale per introdurre nuove terapie e garantire innovazione, spesso grazie alla collaborazione pubblico-privato. Le partnership possono promuovere un dialogo costruttivo. Inoltre, rispetto a quanto era stato affermato durante la mattinata, ha puntualizzato che le aziende farmaceutiche non hanno ampi margini di negoziazione in sede di definizione del prezzo con la commissione di AIFA. La contrattazione è già molto stringente e avviene in base a criteri scientifici ed economici. Piuttosto, ha affermato, “il problema è definire chiaramente cosa si intende per innovazione e come valutare nuovi farmaci in un contesto competitivo”. Oggi, il sistema nazionale deve affrontare la sfida di mantenere la propria competitività nella ricerca clinica, soprattutto rispetto ai paesi dell’Est che stanno diventando sempre più concorrenziali. È fondamentale, ha affermato, garantire una maggiore trasparenza e velocità nei processi, affinché l’Italia possa attrarre investimenti in sperimentazione clinica. Ugo Trama ha concluso la mattinata con una riflessione: “È essenziale che tutte le figure coinvolte, siano esse medici, farmacisti o dirigenti, lavorino in sinergia, mettendosi nei panni degli altri e mantenendo come obiettivo principale il benessere del paziente. Solo così potremo garantire un sistema sanitario equo, efficace e sostenibile”, ha concluso.

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